Ciao a tutti, siamo pronti per affrontare il secondo video della serie Informazione, comunicazione e sicurezza. Oggi approfondiremo il concetto di fonti.
Come vi ho già accennato questo lavoro è parte integrante della tesi del Master di II livello in Intelligence e Sicurezza conseguito nel 2016:
“INTELLIGENCE COLLETTIVA”: Un futuro modello di gestione dell’informazione pubblica, ex ante, in itinere, ex post evento critico.
Ma partiamo subito e mi raccomando… commentate, criticate e proponete le vostre idee sotto questo video.
Le forme più primitive di aggregazione umana consentivano al singolo un accesso molto limitato all’informazione in quanto le uniche fonti consultabili erano l’osservazione diretta della natura, lo scambio orale di dati tra gli appartenenti ad un ristrettissimo agglomerato sociale e le prime forme di ideografia. L’informazione era quindi scarsa e aderente solo alla realtà in cui l’individuo viveva mentre la trasmissione era una limitata condivisione dei fenomeni essenzialmente legati al concetto di sopravvivenza ed autoconservazione.
Durante tutto il periodo che va da 3.500.000 anni fa fino al 3.500 a.C. circa, la preistoria, l’uomo ha cambiato il suo modo di vivere attraverso l’invenzione di nuove tecnologie che diventavano però patrimonio ristretto di comunità, principalmente nomadi, dedite alla pesca, alla caccia ed all’agricoltura. Col passaggio dalla preistoria alla storia antica l’uomo impara a lavorare i metalli, inventa la scrittura e dà vita alle prime città e civiltà complesse da un punto di vista sociale, economico, politico, culturale e tecnologico.
La portata di un’invenzione di inestimabile valore quale la scrittura ha obbligato gli stessi storici a suddividere i periodi di studio dell’umanità in modo da evidenziare quanto la stessa avesse accelerato lo sviluppo di nuove aggregazioni umane organizzate.
Possiamo dire quindi che l’invenzione della scrittura e il conseguente sviluppo delle prime grandi civiltà hanno aumentato le fonti di informazione a disposizione dell’uomo.
Le informazioni potevano essere finalmente condivise in modo più efficace e trasmesse con un sistema linguistico più aderente alla realtà tra gli individui di una stessa comunità.
La nascita dei primi imperi ha immediatamente creato una nuova necessità, cioè quella di traslare le diverse applicazioni del concetto di informazione ad un ambito esclusivamente militare per consentire la supremazia del proprio gruppo sociale sugli altri. Solo se in possesso delle giuste informazioni un impero poteva mettere in atto la conquista e il successivo governo di estesi territori. Possiamo affermare con serenità che da allora la dimensione dominante dell’informazione è diventata quella politico-militare e durante tutto l’arco della storia successiva, nella maggior parte dei casi, il progresso civile è stato sempre controllato, subordinato e funzionale al potere.
Dall’antichità ad oggi c’è stato un progressivo affinamento dei codici di linguaggio utilizzati per sviluppare e diffondere i saperi. La crescente scolarizzazione ha consentito una grande trasformazione, estendendo le conoscenze ad un pubblico sempre più vasto.
Questo processo di espansione raggiunge il suo apice con l’invenzione della stampa. La possibilità di riprodurre in serie dei testi ed allargare esponenzialmente la probabilità di condivisione delle idee ha radicalmente ristrutturato il concetto di informazione. La stampa ha consentito finalmente di diffondere e ricevere informazioni politiche, scientifiche, economiche ad una massa rilevante di persone, avvalendosi di una serie di fonti aggiuntive oltre a quelle dirette. La successiva nascita della radio e della televisione ha stravolto ulteriormente il linguaggio comune e ha aumentato parallelamente i fruitori di una forma di informazione che intanto i governi avevano imparato a trattare, forti della lunga esperienza della stampa.
I mass media, sin dalla loro nascita, hanno rappresentato la forma più efficace e persuasiva di promozione culturale ed a questo scopo hanno sviluppato, nel tempo, un linguaggio indipendente e semplificato che ha rivoluzionato le società contemporanee. Il loro successo sta nell’aver dato la possibilità di informarsi anche a chi possedesse un basso grado di scolarizzazione. Gli effetti che queste scoperte così giovani, hanno provocato e continueranno a provocare sono ancora in gran parte ignoti.
Come si è detto più volte, le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno moltiplicato fonti e informazioni riuscendo ad ottenere nuovi elementi per analizzare la società e compiere scelte più consapevoli.
Tutte le nuove fonti che si sono aggiunte nel tempo a quelle precedenti hanno permesso un’analisi più approfondita della realtà, basata su una sempre crescente mole di dati a nostra disposizione. Grazie alla pluralità delle fonti possiamo valutare con minore approssimazione se un’informazione è vera o falsa.
C’è da dire, però, che tutte le fonti di cui abbiamo parlato finora, osservazione diretta esclusa, sono concepite come serbatoi che attingono alla realtà, analizzano e danno forma a dei messaggi.
Questo vuol dire che, se da una parte abbiamo aumentato il perimetro di fruizione delle informazioni, dall’altra abbiamo appiattito culturalmente messaggi complessi in funzione di codici di comunicazione funzionali solo alla pubblicizzazione della dottrina dominante dettata dal potere politico ed economico. Si tratta di una comunicazione unidirezionale, tesa a persuadere il cittadino e il consumatore con messaggi funzionali al raggiungimento di meri obiettivi politici ed economici.
Quando questo flusso di informazioni ha lasciato spazio ai più moderni concetti di circolarità, bi-direzionalità e orizzontalità?
Ovviamente con la nascita del cyberspazio e la successiva costruzione della rete delle reti: Internet.
Quando le Università hanno messo i primi computer in rete ed hanno iniziato a condividere potenza di calcolo e ricerche, quando è stata inviata la prima mail, quando è stato costruito il primo sito web si è dato il via al più grande stravolgimento tecnologico in termini di comunicazione mai avvenuto nella storia.
Qualche decennio fa sarebbe stato impossibile immaginare di poter comunicare contemporaneamente con un illimitato numero di persone e senza alcun intermediario, poter conoscere migliaia di utenti e condividere in tempo reale foto, video, registrazioni audio e documenti via etere.
Dalle prime directory agli algoritmi dei motori di ricerca più evoluti, dalla difficoltà della programmazione all’intuitività dei sistemi user friendly, dall’utilizzo statico in modalità desktop all’usabilità e la dinamicità dello smartphone, dai super portali commerciali ai siti e blog tematici, dalla navigazione via browser all’uso dell’applicazione quello che è avvenuto è stata una continua crescita di informazioni accompagnata da una progressiva frammentazione delle fonti.
La creazione di un’identità digitale ha consentito a chiunque sia in possesso di un device collegato ad Internet di creare una fitta rete di rapporti, di organizzare una serie di contenuti da condividere privatamente o pubblicamente, di offrire servizi digitali gratis o a pagamento, di attingere al lavoro di persone che probabilmente non si incontreranno mai nella vita, di fruire opere dell’ingegno di qualunque altro abitante del globo in qualunque momento ed in qualunque luogo.
Questa nuova dimensione in cui scambiare liberamente informazioni ha moltiplicato le fonti possibili con la conseguenza che anche una persona a migliaia di chilometri di distanza è in grado di fornirci in modo diretto le notizie che ci occorrono.
Come misuriamo in questo caos di informazioni l’affidabilità di tutte queste fonti?
Allo stesso modo in cui valutiamo ogni giorno un nostro interlocutore, un quotidiano, le dichiarazioni di un politico, un libro o un documentario. Se la persona con cui sto parlando è solita mentire, se l’articolo che leggo è scritto da un giornalista che valuto fazioso, se credo che un politico sia corrotto, se l’autore di un libro scrive cose che risultano essere non vere, se un documentario falsa la realtà, valuterò tutte queste fonti come di scarso valore.
I mass media hanno generato contenuti e personaggi che hanno cristallizzato un alto grado di fiducia nei propri utenti, esasperato probabilmente da una palese impossibilità degli stessi di riscontrare la maggior parte delle informazioni ricevute. Un ruolo prettamente passivo.
Quando la diffusione del web ha raggiunto una consistente fetta della popolazione mondiale l’immediata conseguenza è stata la possibilità per l’individuo di approfondire, comparare e trovare nuove fonti dirette, oltre che la potenzialità di comunicare in tempo reale queste scoperte al mondo diventando parte attiva nel processo informativo.
Internet ha rappresentato, nel suo continuo evolversi, il più potente motore nel rafforzamento del concetto di “disintermediazione”, cioè l’eliminazione di intermediari che non portano un sostanziale valore aggiunto ad un processo produttivo o di altro genere.
La nascita della free economy ha consentito, a chiunque abbia un accesso ad internet, di utilizzare strumenti gratuiti e di diffondere i propri messaggi senza la necessità di possedere gli strumenti professionali di un programmatore e senza dover acquistare “spazio server” o costruire complessi “programmi proprietari”. Le piattaforme che offrono questi servizi semplificati hanno sviluppato modelli di business alternativi che prevedono ad esempio la donazione spontanea (economia del dono), il pagamento di una quota per accedere ad una versione del servizio con maggiori funzionalità (freemium), la sponsorizzazione pubblicitaria (advertising supported).
L’utilizzo di tutti questi strumenti e la crescita esponenziale degli iscritti ai social network ha non solo allargato, come abbiamo già detto, il raggio e le modalità espressive nello scambio di informazioni tra gli utenti Internet ma ha anche permesso al singolo di fruire di uno spazio di ricerca, analisi, trasformazione e diffusione dei dati, al pari di un vero e proprio centro di produzione multimediale.
Caricare un video sul proprio canale YouTube ed effettuare delle operazioni di missaggio in tempo reale, realizzare un post su Facebook che raccoglie il consenso di migliaia di persone, Twittare un messaggio che viene condiviso da centinaia di profili, condividere una foto sulla piattaforma Instagram che trova un largo consenso tra gli utenti, inviare in tempo reale un messaggio privato o pubblico ad una persona o ad un intero gruppo sono azioni che ormai compiamo quotidianamente e che hanno indebolito fortemente il sistema mediatico pre-esistente.
Il progresso digitale ha rimodulato il rapporto tra l’individuo ed il mondo che lo ospita eliminando gran parte dei limiti culturali o linguistici e accorciando in modo considerevole gli argini rappresentati dallo spazio e dalla velocità di trasmissione di una informazione.
Sono in continua crescita i casi in cui una fonte diretta pubblica online dei contenuti multimediali che mettono in crisi la credibilità di messaggi provenienti da fonti ufficiali e viceversa. Un processo di globalizzazione dell’informazione che riequilibra pericolosamente il rapporto di forza tra i governi ed i propri cittadini.
Interessante a tal proposito è la definizione di globalizzazione dell’OECD: “Internet ha modificato la società. Ha facilitato l’interconnettività tra le persone e le informazioni, con un impatto molto importante sulla società, sull’economia e sulla cultura. In nessun altro momento della storia la comunicazione globale e l’accesso all’informazione sono stati così pervasivi”.
Ma in un mondo ancora sconvolto da forti conflittualità economiche, sociali, religiose e politiche chi detiene il potere è d’accordo a delegare alla rete delle reti e all’iniziativa dei singoli tutto il processo di globalizzazione?
Ne parleremo nella prossima pillola della serie Informazione, comunicazione e sicurezza!
Tutto chiaro. Quindi è quanto mai mportante preservare i limiti ” tra condivisione pubblica e privata” .
A domani e grazie
FL
Interessante concetto “del tempo della comunicazione”.